16 Ott vivere il presente… Vivere il “qui e ora”
Ormai lo avete capito ho un nuovo amore dopo il running … lo yoga! Temo dovrò cambiare hashtag …. #yogafedeyoga o forse nome del Blog !
Mi sta insegnando tante cose di me che pensavo di conoscere… come pensavo di vivere sempre il presente ed invece…
Attraverso la pratica dello yoga e degli esercizi fisici, mentali e respiratori , si impara ad indurre gradualmente il cervello a lavorare a frequenze più basse.
Spostando il centro dell’attenzione verso il corpo (alcuni definiscono quest’azione un processo di estraneazione da parte dell’individuo, che diventa un osservatore di ciò che avviene) si realizza innanzitutto un equilibrio e un collegamento con la mente che, vagando di continuo tra passato e futuro, non vive mai nel presente.
Il concetto yoga del “qui ed ora”, indispensabile per accrescere il livello di consapevolezza e per l’armonia mentale, oltre che fisica, rappresenta in questa fase il fondamento principale di riferimento e la base per ogni meditazione.
Quando si eseguono le asana e gli esercizi respiratori di preparazione si stirano anche i canali energetici o meridiani (gli stessi della medicina cinese e dello shiatzu) e, se si usa la consapevolezza, si induce la mente a lavorare sul corpo nel punto dove si sente maggiore tensione, con l’intenzione di sciogliere il blocco e di liberare l’energia.
Lo yoga infatti insegna che dove c’è coscienza c’è energia e il discernimento, nel “qui ed ora”, delle nostre reazioni automatiche va pian piano ad indebolire i semi che le hanno originate.
Nel praticare yoga un accento importante è posto sulla necessità di accrescere la sensibilità verso le proprie percezioni.
Nell’esecuzione di un’asana è normale che arrivi una prima sensazione di tensione, che rappresenta la resistenza della parte di noi che non vuole lasciarsi andare al cambiamento.
Se si forzasse la posa, mantenendo però attiva la percezione, dopo un po’ non tarderebbe ad arrivare un altro avvertimento del corpo, a segnalare che è il caso di fermarsi. Se si proseguisse ancora, dietro l’impulso della volontà, il corpo fisico, che si trasforma lentamente, non riuscirebbe più ad accogliere il cambiamento e probabilmente si potrebbe incorrere in uno stiramento muscolare fastidioso, segnale dello sbaglio commesso in precedenza.
Quindi, lo spazio utile di lavoro per ogni asana corrisponde a quella fascia tra la resistenza all’abbandono da superare e lo stop da rispettare, nella fiducia interna che gradualmente, nel tempo, si percepirà uno stato di benessere in cui il corpo sperimenta uno stato naturale, senza segnali.
Seguendo questo filo, si comprende meglio l’esigenza che l’asana non sia eseguita soltanto con il corpo, ma con la mente e soprattutto con il cuore, evitando di cadere nell’automatismo di una fredda esecuzione tecnica, che esprime una connotazione molto mentale di ciò che si sta facendo e che rafforza l’illusione che la postura operi indipendentemente dal nostro grado di attenzione. Semmai, il lavoro con l’asana è di attenzione-consapevolezza in cui le posture stimolano l’aspetto energetico e facilitano l’ascolto di ciò che viene suscitato.
Difficile… ma le cose semplici non mi piacciono!